Alessandro Ruggiero: «Il welfare aziendale come nuova frontiera»

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«Il welfare aziendale è la nuova frontiera dei modelli di efficientamento delle imprese. Esso rappresenta infatti una possibilità alternativa di guardare al benessere aziendale, prima di tutto a quello dei lavoratori, con modalità completamente diversa rispetto al passato». L’avvocato Alessandro Ruggiero (nella foto), titolare dello Studio legale Ruggiero nel quartiere Prati di Roma e socio Anit Federtraslochi, è stato il protagonista del webinar proposto a fine marzo agli associati sul tema, appunto, del welfare aziendale.

Si tratta di un’espressione che identifica somme, servizi, opere, beni, prestazioni che sono corrisposte ai lavoratori dipendenti sotto forma di rimborso spese o in natura. Per l’Agenzia delle entrate è l’insieme dei benefici e delle prestazioni erogato ai dipendenti per integrare la componente in denaro della loro retribuzione in funzione sia del sostegno al reddito che al miglioramento della vita privata e lavorativa. In definitiva, sono le iniziative di natura volontaria o obbligatoria che il datore di lavoro promuove per incrementare il benessere dei lavoratori e delle loro famiglie.

«Il welfare aziendale consente alle imprese di guadagnare dei margini di risparmio fiscale diversi rispetto al passato in una logica di sistema win-win, cioè dove a vincere sono sia l’azienda che il dipendente» evidenzia l’avvocato Ruggiero. «Basti pensare che il credito welfare non sconta tassazione né contribuzione. Quindi consente al datore di lavoro di risparmiare il proprio capitale e reinvestire nell’impresa rafforzando il potere d’acquisto dei lavoratori».

Nel concreto, quindi, risparmiando capitali in tasse, si ricavano fondi da investire in favore del personale aziendale. «L’obiettivo è fare aumentare il potere d’acquisto dei lavoratori» spiega l’avvocato Ruggiero. «Poniamo il caso d’un dipendente la cui busta paga sia di 1500 euro netti e il cui costo per l’impresa sia di 3200 euro. Se il dipendente decide di convertire qualche centinaio di euro della sua busta paga, o anche tutta la sua busta paga, in un credito welfare, aumenta il potere d’acquisto di cui dispone: ad esempio, portandolo a 1900 euro. L’azienda, risparmiando il vero e proprio costo del lavoro costituito dalle tasse e dai contributi, cioè i 1700 euro di differenza tra lo stipendio del lavoratore e il suo costo effettivo, è ben felice di riconoscerne una parte al lavoratore stesso e una parte d’incamerarlo come cash flow disponibile».

Starà poi alla cultura d’impresa dei datori di lavoro fare in modo che le somme risparmiate siano reinvestite nelle loro stesse aziende. «Certo, ci potrà essere quello che le userà come prima rata della Ferrari perché non c’è un obbligo di legge a reinvestirle» conclude l’avvocato Ruggiero. «La mia esperienza, però, è che l’imprenditore vero, quello abituato a guadagnarsi giorno per giorno la sua fortuna, le reinvestirà sempre».